(segue) Discorso all'Augusteo
(7 novembre 1921)
[Inizio scritto]

      In economia siamo dichiaratamente antisocialisti. Io non mi dolgo di essere stato socialista ho tagliato i ponti col passato. Non ho nostalgia. Non si tratta di entrare nel socialismo ma di uscirne. In materia economica siamo liberali perché riteniamo che l'economia nazionale non possa essere affidata a enti collettivi e burocratici. Dopo l'esperimento russo basta di tutto ciò. Io restituirei le ferrovie e i telegrafi alle aziende private; perché l'attuale congegno è mostruoso e vulnerabile in tutte le sue parti.
      Lo Stato etico non è lo Stato monopolistico lo Stato burocratico ma è quello che riduce le sue funzioni allo strettamente necessario. Siamo contro lo Stato economico. Le dottrine socialiste sono crollate: i miti internazionali sono caduti la lotta di classe è una favola perché l'umanità non si può dividere. Proletariato e borghesia non esistono nella storia; sono entrambi anelli della stessa formazione.
      Non crediamo in queste fole. Il proletariato anche là dove ha avuto il potere è imprigionato dal capitalismo. Siamo antisocialisti ma non necessariamente antiproletari.
      Si dice bisogna conquistare le masse. C'è chi dice anche: la storia è fatta dagli eroi; altri dice che è fatta dalle masse. La verità è nel mezzo. Che cosa farebbe la massa se non avesse il proprio interprete espresso dallo spirito del popolo e che cosa farebbe il poeta se non avesse il materiale da forgiare? Non siamo antiproletari ma non vogliamo creare un feticismo per sua Maestà la Massa. Noi vogliamo servirla educarla ma quando sbaglia fustigarla. Bisogna prometterle quello che si sa matematicamente di poter mantenere. Noi vogliamo elevarne il livello intellettuale e morale perché vogliamo inserirla nella storia della Nazione. Perché con un proletariato riottoso malarico pellagroso non vi può essere un elevamento dell'economia nazionale. E diciamo alle masse che quando gli interessi della Nazione sono in giuoco tutti gli egoismi così del proletariato come della borghesia devono tacere. Può il Fascismo trovare le sue tavole negli statuti della reggenza del Carnaro? A mio avviso no. D'Annunzio è un uomo di genio. È l'uomo delle ore eccezionali non è l'uomo della pratica quotidiana. Però negli statuti della reggenza del Carnaro c'è uno spirito un imponderabile che possiamo far nostro: l'orgoglio di sentirci italiani il proposito di voler lavorare per la grandezza della Patria comune. Così dicendo esprimiamo un concetto territoriale politico economico e soprattutto spirituale. Ora questo spirito lo si trova se non nelle parole nell'essenza di quegli statuti. Onde noi dobbiamo guardare a quegli statuti come si guarda ad una stella come ci si disseta ad una fonte. Ci sono in essi delle direttive perché il nostro movimento diventando troppo politico o sociale non isterilisca i valori eterni della razza.

(segue...)