(segue) Il primo discorso alla Camera
(21 giugno 1921)
[Inizio scritto]
Se
come diceva Mommsen
25 o 30
anni fa
non si resta a Roma senza una idea universale
io penso e
affermo che l'unica idea universale che oggi esista a Roma
è
quella che s'irradia dal Vaticano. (Approvazioni).
Sono molto inquieto
quando vedo
che si formano delle Chiese nazionali
perché penso che sono
milioni e milioni di uomini
che non guardano più all'Italia e
a Roma. Ragione per cui io avanzo questa ipotesi; penso anzi che
se
il Vaticano rinunzia definitivamente ai suoi sogni temporalistici —
e credo che sia già su questa strada — l'Italia
profana
o laica
dovrebbe fornire al Vaticano gli aiuti materiali
le
agevolazioni materiali per scuole
chiese
ospedali o altro
che una
potenza profana ha a sua disposizione. Perché lo sviluppo del
cattolicismo nel mondo
l'aumento dei 400 milioni di uomini
che in
tutte le parti della terra guardano a Roma
è di un interesse
e di un orgoglio anche per noi che siamo italiani.
Il partito popolare deve
scegliere: o amico nostro o nostro nemico o neutrale. Dal momento che
io ho parlato chiaro
spero che qualche oratore del P. P. parlerà
altrettanto chiaro.
Quanto alla democrazia sociale
essa ci appare molto equivoca. (Si ride). Prima di tutto non si
capisce perché si chiami sociale. Una democrazia è già
necessariamente sociale; pensiamo
perciò
che questa
democrazia sociale sia una specie di cavallo di Ulisse
che rechi nei
suoi fianchi un uomo che noi combatteremo continuamente. (Commenti).
Sono all'ultima parte del mio
discorso
e voglio toccare un argomento molto difficile
e che
dati
i tempi
è destinato a richiamare l'attenzione della Camera.
Parlo della lotta
della guerra civile in Italia.
Non bisogna prima di tutto
esagerare
anche di fronte allo straniero
la vastità e le
proporzioni di questa lotta.
(segue...)
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