Il delitto!
(27 dicembre 1920)


      Gli avvenimenti precipitano. A Fiume si ha il a Natale di sangue»: il «Popolo d'Italia» del 27 dicembre pubblica il seguente titolo: Sul Governo di Roma ricade il sangue versato! E come fondo reca questo ardente articolo del Duce:

      Il primo moto dell'animo alla lettura delle notizie che ci giungono dalla nuova «zona di guerra» è un moto di inesprimibile angoscia. Quello che si sparge in quest'ora sulle rive del tormentato Carnaro è sangue italiano. Le operazioni avvengono fra italiani e italiani. È la guerra civile! I mille e mille combattenti che caddero — nelle trincee — dal maggio del 1915 al novembre 1918 non pensarono mai nemmeno in un attimo di follia apocalittica che la loro grande passione sarebbe sboccata nel Natale del fratricidio. Eppure questa è la realtà odierna. Ma noi reprimiamo il movimento umano della nostra angoscia perché sentiamo grandeggiare in noi un senso di indignazione e di rivolta. Tanto più profondo sentiamo penetrare nel nostro spirito l'aculeo della rivolta in quanto che noi avremmo desiderato un epilogo diverso del dramma e abbiamo lungamente carezzato tale speranza. Ora noi affermiamo solennemente che la nostra speranza condivisa da milioni e milioni di italiani è stata dispersa dal Governo di Roma il quale si carica in faccia agli uomini e in faccia alla storia della tremenda responsabilità del sangue che s'è versato. Noi parliamo del Governo di Roma in blocco senza distinzione. La nostra rampogna non colpisce soltanto Giolitti ma in particolar modo i cinque ministri che furono interventisti. Essi hanno mancato a un imperativo categorico preciso: questo: non doversi in nessun caso provocare lo spargimento di sangue fraterno. La polemica retrospettiva circa il Trattato di Rapallo è oramai superata. Basta ricordare una volta per tutte che la Reggenza creata «indipendente» non fu minimamente interpellata sui problemi che la interessavano. Ma ci sono due fatti che inchiodano alla croce delle sue responsabilità il Governo di Roma: primo la dichiarazione di blocco; secondo la misteriosa inconcepibile frenetica precipitazione nell'eseguire il Trattato. Dopo l'ultima dichiarazione di blocco era sommamente ipocrito affermare come si faceva dal Governo di Roma che non si voleva spargere sangue fraterno. Il blocco della fame non poteva risolversi che in una di queste due realtà: la capitolazione per fame o la resistenza ad oltranza. Il blocco preludeva — dunque — al massacrò. Né l'ordine di operazioni è sia pure lontanamente giustificato dalle scorribande dei legionari. Durante l'occupazione delle fabbriche si fece di più e di peggio. Eppure Giolitti riconobbe lo «stato di fatto» e trattò da pari a pari coi rappresentanti di coloro che avevano violato in mille modi la legge e perpetrati delitti atroci. L'intransigenza contro Fiume non si legittima nemmeno con motivi d'ordine internazionale. Il Trattato di Rapallo non pone limiti di tempo per la sua esecuzione. Ci sono altri Trattati che dopo mesi e mesi dalla loro stipulazione attendono — per talune questioni — il principio della loro esecuzione. Quello di Rapallo è stato stipulato da appena 40 giorni. Perché tanta fretta nel voler consegnare terre italiane ai croati? Questi interrogativi turbano la coscienza di tutti gli italiani anche di quelli che non possono venire classificati fra gli imperialisti o i fascisti.

(segue...)