Gesto di fede
(20 ottobre 1917)


      Non più tardi di ieri chiedevamo ai ministri che nel ministero nazionale rappresentavano — all'atto della sua costituzione — le correnti dell'interventismo popolare una parola un gesto che precipitasse in qualche modo la situazione di questo ministero e costituisse una specie di raggio di luce nella penombra grigia di questa ripresa parlamentare.
      Quella parola è stata detta. Quel gesto di coraggio che noi invocavamo è stato compiuto. L'atmosfera di Montecitorio che si era caricata sin dalla prima seduta di gas equivoco e pesante si è da ieri alleggerita e si respira meglio. È quasi superfluo aggiungere che tutto il nostro più vivo compiacimento va all'on. Bissolati nel quale abbiamo ritrovata la dote che forma l'armatura maestra del suo carattere: la fierezza. E aggiungiamo con soddisfazione che la dichiarazione di solidarietà con Bissolati fatta dall'on. Orlando è altamente significativa.
      Forte soprattutto della debolezza o della condiscendenza altrui il disfattismo dei nostri «nemici» stava celebrando alla camera la sua carnevalata sinistra. L'on. Grosso-Campana questo laido arnese del giolittismo quest'uomo capace di tutto — e la faccenda Agnelli con relativa cambiale scontata dopo certi articoli su La Stampa — denuncia in questo disonorevole le più qualificate caratteristiche del volgarissimo ricattatore; questo mugnaio — un deficiente qualunque — che avrebbe dovuto restare alla sua macina e ai suoi somari doveva ritenersi l'altro giorno per una specie di autoillusione un demolitore di ministeri se ha osato scendere all'attacco personale e individuato contro uomini in confronto dei quali egli è un rifiuto da rigagnolo. Quest'uomo che non ci nomina perché questo giornale a base di documenti inconfutabili lo ha inchiodato e schiacciato sotto il peso delle sue nefandezze politiche e private; questo prussiano piemontesizzato o questo piemontese prussificato la cui responsabilità diretta nei fatti di Torino è oggetto di istruttoria da parte dell'autorità giudiziaria alla quale è stato trasmesso da parte delle autorità politiche e militari un incartamento voluminoso — è degno di essere l'esponente di quel gruppo di bacati di avariati di insoddisfatti di inquieti di venali che formano la mafia del neutralismo in parlamento. Ma finalmente alla provocazione inaudita di questo «nemico» suscitatore di disordini alle spalle dell'esercito combattente — proprio nel momento in cui l'esercito nostro sfondate le linee della Bainsizza realizzava per la prima volta dopo la battaglia della Marna quella che sembrava diventata un'impossibilità: la manovra — è stato fieramente superbamente risposto con un'invettiva che rimarrà scolpita nelle memorie e nelle coscienze degli italiani e che deve essere calata sulla faccia di tola del mugnaio piemontese come una frusta a nodi di piombo.

(segue...)