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(27 dicembre 1915)
[Inizio scritto]

      Vengono poi tra gli agenti debilitanti dello spirito nazionale gli incontentabili. Anche qui bisogna distinguere. Ci sono quelli in malafede che assumono l'aria degli insoddisfatti dei disillusi sull'andamento della nostra guerra per rendere un altro servizio alla invincibile Germania. Il loro pessimismo è di natura politica. È gente che vede nero perché guarda deliberatamente il mondo italiano con occhiali affumicati di marca tedesca. Quando domani avremo occupato Trieste costoro troveranno ancora una giustificazione al loro malcontento per il fatto che non saremo entrati... a Vienna. Nemmeno una decisiva conclusiva e rapida vittoria delle nostre armi gioverebbe a calmare le insoddisfazioni dei neutralisti i quali riprenderebbero a gemere sugli inevitabili sacrifici di denaro e di sangue che la vittoria impone.
      L'altra categoria dei «disillusi» è più vasta ma in compenso un po' meno pericolosa. Comprende tutti coloro che favorevoli in maggio o partigiani ancora della guerra cominciano ad essere assillati da qualche dubbio tormentati da qualche preoccupazione. Trovano che si va adagio; che anzi si sta fermi; si acconciano male alla pur facile previsione di una guerra lunga; avrebbero voluto — come strenna natalizia del Generalissimo — almeno la conquista di Gorizia e invece Gorizia è ancora austriaca... Questa categoria di cittadini offre il terreno più fecondo alla penetrazione e moltiplicazione di notizie allarmiste. Per convincerli che hanno torto basta o dovrebbe bastare questo semplice e crediamo persuasivo discorso.
      Una constatazione anzitutto: noi abbiamo portato tutta la nostra guerra in territorio nemico. Per comprendere la importanza formidabile di questo fatto basta formulare la ipotesi contraria che cioè gli austriaci fossero riusciti a portare tutta la loro guerra in territorio italiano.
      Seconda constatazione: le vie per le quali Conrad si riprometteva di calare colle sue orde Italia sono ora definitivamente sbarrate. È forse questa certezza — avvalorata da sette mesi di campagna — che favorisce l'accademia ipercritica e inconcludente e dannosa di troppi Italiani? È vero che la nostra avanzata è lenta ma dev'essere necessariamente lenta. La nostra non è una guerra «maramaldesca» come tentavano di far credere i neutralisti della vigilia: ci battiamo a condizioni eguali. La deficienza numerica degli austriaci è riparata dall'abbondanza di mezzi materiali e dal possesso di posizioni dominanti straordinariamente fortificate. Il fatto che l'esercito austriaco combatte da più lungo tempo del nostro ha conseguenze negative e positive. È certo che i soldati austriaci — specie quelli di nazionalità slava — sono stanchi ma è altrettanto vero che i soldati austriaci di nazionalità tedesca o ungherese avevano all'inizio delle ostilità il vantaggio su di noi di un più lungo tirocinio di guerra. Ciò malgrado abbiamo incalzato e respinto il nemico di chilometri e chilometri oltre il vecchio confine.

(segue...)