Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     Giovedì 2 Marzo.
     Stanotte di guardia. Neve. Neve. Sono ubriaco di bianco. Era con noi il capitano. Si è allogato alla meglio nella nostra tana, gocciolante da tutte le parti e ci ha letto moltissime pagine del libro del povero Lucatelli: Come ti erudisco il pupo. Mi sono divertito. Sull'alba il sonno mi ha preso. Per vincerlo ho ingoiato mezza bottiglia di rhum che, come dice l'etichetta, contiene tanto «alcool pari al 21 % del suo volume». Novità. Stamani, presto, una valanga ha travolto quattro alpini e un mulo. Altra novità. Son riaperte le licenze invernali. Spetta anche a me, di diritto. Foglio rosso, tradotta N. 1.
     Partono con me Reali, Morano, Tinella, Morani, il tenente Barbieri di Modena. Terza novità. Anche il battaglione scende stasera e va a Serpenizza. Questa notizia mi fa piacere. Il pensiero di lasciare i miei compagni sul Rombon turbava un po' la mia gioia. Durante il tragitto, gli austriaci ci spediscono tre shrapnels. Qualche altra cannonata scoppia su noi, in prossimità di Osteria, sulla strada maestra imperiale di Plezzo. Notte di sosta a Serpenizza.

     5 Marzo.
     Le compagnie del mio battaglione sono discese la notte scorsa. Partenza. Poco oltre Serpenizza, passiamo davanti ai baraccamenti dove hanno pernottato i miei commilitoni. Auguri e saluti. Piove a dirotto. Sosta a Ternova per il bagno e la visita medica. Tappa notturna a Svina, a cinque minuti da Caporetto, Svina è un villaggio di poche case. Notte in un solaio, sulla paglia. Non siamo molti. È una delle ultime tradotte. I permissionaires tengono un contegno dignitoso e corretto. Non grida, non schiamazzi: la gioia c'è, ma è contenuta nei cuori. Si formano dei crocchi, dove vengono narrati episodi di guerra. E passano nel racconto il Monte Nero, il Vrata, il Vrsig, lo Jaworcek, il Rombon, le montagne dell'Alto Isonzo, santificate dal sangue italiano.