Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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II - Febbraio-Marzo 1916

     Dalle falde dell'Jaworcek alle vette del Rombon

     Caporetto. È la quarta volta che passo da questa piccola città slovena, che i nostri occuparono appena varcato il confine. Al Comando di tappa trovo ancora lo stesso capitano e i sottufficiali che c'erano nel settembre. Nulla di cambiato. La città mi appare più pulita, oserei dire ringiovanita, ma più silenziosa e deserta. Pochi soldati, pochi carri. Un vertiginoso movimento dei primi mesi di guerra esiste ancora, ma è stato deviato alla periferia dove è sorta la città militare con strade larghe e ampie piazze. Anche la popolazione non è cambiata. Entro in alcuni negozi e trovo ancora le facce enigmatiche che notai la prima volta. No. Questi sloveni non ci amano ancora. Ci subiscono con rassegnazione e con malcelata ostilità. Pensano che noi siamo di «passaggio»; che non resteremo e non vogliono compromettersi, nel caso in cui ritornassero, domani, i padroni di ieri.
     Pomeriggio grigio. Mi dirigo verso il Cimitero militare. C'erano nel novembre trecento fosse, ora ce ne sono settecento. La siepe di filo di ferro è sostituita da un muro di cinta. La cappella reca nella sua parete esterna questa epigrafe:      

PER RIVENDICARE I TERMINI SACRI
     CHE NATURA POSE A CONFINE DELLA PATRIA
     AFFRONTARONO IMPAVIDI
     MORTE GLORIOSA
     15 Febbraio.
     IL LORO SANGUE GENEROSO
     RENDE SACRA
     QUESTA TERRA REDENTA
     2 NOVEMBRE 1915